Gole parco della Breggia 2014

Il ritrovo è fissato per le nove e mezza a Balerna, al parcheggio del Mulino del Ghitello.  Pur con qualche disguido, alla fine, il gruppo composto da una decina di soci, è pronto; la nostra guida, Vincenzo ci conduce all’entrata superior

e del Parco, a Castel San Pietro.


L’itinerario prevede come prima cosa la visita della Chiesa Rossa. Dopo una breve pausa a prendere le chiavi presso il custode ci incamminiamo. La giornata è splendida e i primi raggi del sole incominciano a scaldare. Sul praticello antistante la splendida chiesetta dalla facciata rossa, per l’appunto, monumento nazionale, la guida ci illustra le vicende storiche da cui l’edificio prende il nome. Un terribile fatto di sangue nella notte di Natale , episodio perso nella notte dei tempi o forse a metà leggenda, dà il nome alla chiesa: rossa per il sangue versato.
All’interno preziosi affreschi rimasti quasi intatti decorano le pareti e la volta sopra l’altare.
Ne rimaniamo incantati. Il luogo in cui sorge la chiesetta è molto silenzioso e immerso in una natura intatta e lussureggiante.  Qualche uccelletto che gorgheggia è il solo suono che riecheggia sul pianoro.
Da lì partiamo, in discesa, per percorrere il corso della Breggia attraversando un bellissimo bosco ancora un po’ freschino dato si trova su un versante in ombra. Si sente una grande umidità e la guida ci fa notare una specie di felce che cresce solo qui proprio per l’alto tasso di umidità: lingua di cane? lupo? , non ricordo bene ma la forma richiama comunque una lunga lingua verde scuro.
Più in giù sopra lo scorrere tumultuoso del corso d’acqua, sul ponte di Canaa, Vincenzo ci illustra le rocce e ci spiega il formarsi della stratificazione in base alle ere geologiche. Di fronte alla maestosità del paesaggio vecchio di milioni di anni rimaniamo ammutoliti e consci della pochezza della concezione del tempo umano!


Sul prato delle Streghe, detto così perché secondo la leggenda lì si riunivano le streghe per i loro Sabba consumiamo un pic nic. Passano famigliole e ciclisti, come noi privilegiati osservatori di questa meraviglia della natura.


Alla fine del percorso ci attende la parte più didattica concernente il Museo del cemento e con le spiegazioni della guida e l’aiuto di diaporami storici comprendiamo l’importanza che questa industria ha rivestito per la zona per ben quarant’anni. E comprendiamo altresì le motivazioni che ne hanno determinato la chiusura sulla spinta delle prime rivendicazioni di tipo ambientale: si era nei lontani anni 80!
Finita la visita prendiamo congedo da Vincenzo e saliamo al Furmighin, struttura con alloggio a Sagno all’inizio della Valle di Muggio, nata anch’essa in tempi passati con l’intento di trattenere in valle attività redditizie e frenare in un qualche modo l’esodo della gioventù verso la città.
Consumiamo un’ottima cena da un menu variato e interessante che propone anche piatti basati su ortaggi di speci rare: una primizia per molti di noi gli gnocchi di patate blu!

 

Dopo una sana dormita in un ambiente che pare “insonorizzato” tanta è la pace e la tranquillità del luogo, salutiamo la gerente e ci rechiamo di nuovo al Parco della Breggia dove  entriamo nelle gallerie d’estrazione scavate quando la vena esterna si era andata esaurendo e le esplosioni a cielo aperto minacciavano la Chiesa Rossa e l’abitato di Castel San Pietro.
Entriamo nelle gallerie con un’altra guida, caschetto da minatori sul capo e fiato sospeso ad ascoltare le descrizioni. Alcune gallerie, con giochi d’acqua particolari assumono aspetti surreali e molto affascinanti.
Il percorso dura un’ora e mezza durante la quale si fa visita anche ad un altarino dedicato a Santa Barbara, protettrice dei minatori. E fra l’altro la guida ci dice che l’azienda si fa un vanto di non aver mai avuto incidenti, il che è dovuto alla grande attenzione alla sicurezza e, indubbiamente anche ad un po’ di fortuna. Concludiamo l’escursione con un ottimo pranzo in un comune delle “Montagna” come viene detta la zona di Arzo, Tremona e  Meride sopra Mendrisio, ancora all’aperto poiché il tempo ci ha fatto un ulteriore regalo: di nuovo una giornata di sole.